Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

martedì 18 luglio 2017

La stanza di Ludwig (cap 6)


Una mail coincisa, promettente rivelazioni per uno scoop sensazionale, inviata tramite il suo sito, mi fece entrare in contatto diretto con Elsa, allettata dal poter imbastire uno scandalo su un soggetto inedito (anzi vergine, come lo aveva definito lei, proiettata già nell'atto della profanazione).
...quella donna metteva i brividi anche a distanza.

La storia, non importa che sia vera, ma deve essere credibile: è su questo assunto che si basa il  giornalismo scandalistico. Logica e fantasia devono riuscire a convivere all'interno di una stessa frase, coerenti e convincenti, altrimenti il castello di carta miseramente crolla e il costruttore rimane sepolto sotto le macerie.
...ma nessun castello di carta, per quanto architettonicamente azzardato dall'impavida Elsa, le era mai crollato addosso. Morivano gli altri ma lei, miracolosamente, ne usciva illesa (proprio come era accaduto nell'epilogo dell'ultimo scandalo da lei fomentato)
...così, per non rimanere io stessa vittima delle sue verità costruite, avrei dovuto propinarle una trama plausibile anche se determinata da fattori improbabili. Per eccitare il suo istinto alla caccia le avrei fatto sventolare sotto il naso uno straccio colmo di troppi odori sfidandola a selezionare quello giusto, sia pure che appartenesse alla vittima o all'assassino.
...e quale trama sarebbe stata più adatta della verità stessa?

Come era nelle mie previsioni Elsa cestinò in toto la mia storia, nonostante io giurassi e spergiurassi sulla sua veridicità, e sulla mia incapacità di venirne a capo, motivo per cui m'ero rivolta al lei, la migliore giornalista sulla piazza: non c'è materiale sufficiente a costruire le prove.
Costruire le prove!
Non cercarle, quelle prove, ma costruirle!
Evidentemente un lapsus di cui neppure s'era accorta, intenta com'era a scarnificare, ancora vivo, il povero Ludwig, che seppur fosse stato tutto quello che lei andava con ferocia descrivendo, pure gli avrei concesso la mia pietà, tanto erano micidiali e mirati ad una lenta agonia i colpi che lei gli andava, senza alcuna misericordia, assestando.

Elsa mi aveva raccontato di  un uomo ambizioso ma privo di un vero talento artistico (avevano frequentato, per un certo periodo, lo stesso Conservatorio, poi lei insofferente alla prospettiva di una ingiusta gavetta, dove s'era vista preferire, al suo indiscusso talento, colleghe meno brave ma più disponibili alle scorciatoie (seppur sono convintissima che quelle medesime scorciatoie, se anche a lei fossero state proposte, non le avrebbe di certo rifiutate) aveva optato allora per il giornalismo, che le avrebbe consentito di perseguire una carriera autonoma incentrata sul proprio talento e senza l'intermediazione di un patrocinante. Ludwig, (il cui vero nome è W. V. H. continuerò a chiamarlo così che il suo cognome è davvero impossibile da ricordare), invece, aveva dato un'accelerata alla sua carriera sposando A. K. sorella del celebre direttore d'orchestra J. K., una donna molto più grande d'età ma in grado di favorire la sua ascesa. Un matrimonio durato il tempo necessario alla sua conclamazione di enfant prodige del pianoforte e terminato col suicidio della moglie, causato dalla depressione per una grave malattia, (questa la motivazione ufficiale) ma, in realtà, per colpa di quell'unione infelice. Tradimenti non ne erano venuti  a galla, seppur di certo ce ne saranno stati, lui era molto giovane e lei già sfiorita, ma la famiglia della suicida non lo aveva incolpato di nulla per evitare ulteriori scandali, e questo gli aveva permesso di andare impunemente avanti e consolidare la sua carriera, servendosi magistralmente del suicidio della moglie per costruirsi la leggenda di artista maledetto. Narrazione di grande presa soprattutto tra le donne, di tutte le età e di tutti i generi,, che a far la fila per un suo autografo c'erano anche le rocker. Cosa ci trovassero in lui è un mistero, visto che aveva un carattere ruvido, molto umorale, per cui facilmente disertava perfino le feste organizzate in suo onore. Un'asociale e della peggior specie, di quelli a cui nonostante i modi sgarbati viene permesso e giustificato tutto, in nome di quel loro genio assolutamente inesistente. Che il grande Maestro di stecche ne aveva prese, eccome, ma pure gli erano state perdonate anche quelle. Si era sposato una seconda volta con una ballerina dell'Opera di Parigi, D. M, una biondina acerba, incolore, una ragazzetta qualunque che amava vestire di celeste, più giovane di lui e che gli aveva dato un figlio, vissuto, però, solo pochi mesi. Si era  parlato di morte in culla, e lei era caduta in una forte depressione da cui non s'era più ripresa, decretando la fine della sua carriera di ballerina. In realtà anche di lui, in quel periodo, e anche dopo, per tantissimo tempo, si erano perse le tracce, dando adito ad un suo avvenuto, seppur mai annunciato, ritiro dalla musica. Ma poi eccolo, invece, intraprendere una lunga tournee nei paesi asiatici (stavolta, però, secondo la critica e agli addetti ai lavori, molto deludente). Ora, alla luce del tuo racconto, mi chiedo: che fine ha fatto questa sua seconda moglie? Dovrò indagare a tal proposito, anche se è scontato che quelle come lei finiscono in convento o si suicidano. E arriviamo alla terza,  E. B. quella che tu chiami Elizabeth (il cui nome, per caso, è proprio quello), l'avventuriera materializzatasi dal nulla, bellissima ma non più giovane, e per questo con la necessità di contrarre un matrimonio conveniente. Quando si sono sposati la stella di Ludwig aveva già iniziato ad offuscarsi, ma aveva comunque accumulato un sostanzioso patrimonio col quale benissimo avrebbero potuto vivere di rendita. Perché l'abbia sposata rimane un mistero visto che al nostro artista piacevano le donne timide, obbedienti e sottomesse, come le sue prime due mogli, perché con loro gli riusciva di mascherare la sua latente impotenza.  Elizabeth, invece, era una dominatrice, era lei a dettare le regole, imponendogli perfino la convivenza con la sua amante storica, una spagnola, sua socia in affari e compagna di letto. Elizabeth era un osso duro, non si sarebbe suicidata né fatta suora. Per liberarsene a Ludwig rimanevano due opzioni: l'uxoricidio o il divorzio.
...quel divorzio che l'aveva  ridotto sul lastrico.

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