Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

martedì 27 ottobre 2015

Cagliostro

Cagliostro, il mio futuro coinquilino, generoso dono della mia amica Giulia, giungerà da Napoli il 7 di Novembre, così mi sto dando da fare per rendere quanto più accogliente possibile il mio appartamento, che i gatti, è noto, sono una specie molto difficile d'accontentare.
Come l'ho visto è scattato il colpo di fulmine: un cucciolino nero, minuscolo sullo sfondo giallo di una coperta, in attesa di una casa possibilmente comoda e dotata di tutti i comfort di cui un gatto assolutamente necessita, in particolare questo che reca con sé il blasone di Conte.
Nero, con due occhioni d'ambra ed il carattere peperino di un cucciolo di appena due mesi.
Adoro che giunga in Novembre a condividere con me il calore della casa, l'intimità del divano e quella delle braccia, entrambi al riparo, sotto lo stesso tetto, dalla pioggia battente e dai venti impetuosi dell'autunno.
Così ho creato per lui questa rassicurante scenografia che...no, in realtà credo d'averlo fatto essenzialmente per me stessa, perché da troppo tempo vivo da sola e così tutto ruota esclusivamente intorno alle mie necessità, piccole o grandi, vere o fittizie, maturate nelle lunghe e solitarie ore, scandite dal battito di un immaginario pendolo in costante rotazione antioraria, scansionato sull'orbita delle stelle fisse.

Il Conte Cagliostro del Vlad (questo il suo nome completo, un mix tra il Conte di Cagliostro e il Conte Vlad, ideato, questo, in sinergia con la mia amica Lucy, entrambe convinte della necessità di omaggiare il felino di un nome adeguato) ), ne sono certissima, apporterà benefico subbuglio in questo mondo circoscritto ai miei soli bisogni personali, salvandomi dall'inaridimento esistenziale che potrebbe col tempo sopraggiungere.
Perché quando l'unico calore lo si trae unicamente da se stessi è facile incorrere nel rischio di morire per autocombustione.
Marilena


lunedì 19 ottobre 2015

Magie



Quando sono a corto d'idee indosso un mio cappello, alquanto sformato dal lungo uso, che però considero dotato di fantastiche prerogative, ed esco sperando di trovare sulla strada l'ispirazione.
 Le idee, talvolta, si materializzano sollecitate dalla fantasmagoria della luce dei fari di una macchina che sbuca, improvvisa e minacciosa, da un vicolo buio; da  un lussurioso cesto di rose imperiali, che ammicca da un negozio di fiori, come una splendida prostituta intenta ad adescar clienti da una vetrina di Amsterdam; da un cane randagio, che si abbevera beato ad una fontanella, soddisfatto di quel momentaneo benessere, e lappa, ingordo e grato, anche la più piccola goccia d'acqua, consapevole che potrebbe essere la sua ultima polla per un lunghissimo tratto di strada; da un sole kamikaze, che si lascia esplodere nei colori di sangue del tramonto, martirio perpetrato all'ora dei vespri per impedire alla notte d'invadere, col suo occulto splendore, quel cielo che egli considera suo per diritto divino.
Tutto ciò che mi colpisce, d'inedito, favoloso, originale ed improbabile, lo stipo in quel mio cappellaccio, che è abbastanza fondo da contenere il tutto, e anche il di più.
E' questo bottino corsaro, che alla bisogna tirerò fuori dalle sue profondità deformi di quel mio cappello come dal cilindro di un prestigiatore, spacciandolo, al mio  pubblico, come straordinaria opera di magia  anziché di disperata ribellione all'amnesia.

sabato 3 ottobre 2015

Dopo l'ultimo capitolo - John e Mary


John e Mary li ho incontrati per la prima volta in una giornata d'affanno in cui andavo troppo di fretta per espletare i convenevoli del galateo, così mi sono limitata ad un saluto sbrigativo, ripromettendomi, però, di non perderli di vista.
Invece ho perso le loro tracce. 
Ma non poteva essere altrimenti visto che non hanno fissa dimora e la loro casa è la strada.
Così dopo aver invano, per qualche giorno ancora cercato di rintracciarli, ho alla fine rinunciato.

Chissà poi dov'erano finiti nel frattempo, che il mondo è sterminato e la finestrella del mio video, sia pur dotata di una visualità ad ampio raggio, non mi permette di esplorarlo nella sua intera ampiezza.
Oltretutto, la pazienza, in questo particolare periodo non è la mia virtù principale.
La fugace apparizione di John e Mary mi aveva però fornito di un buon spunto di scrittura, che io non intendevo assolutamente mandare sprecato.
Ho così lavorato sui particolari che ricordavo, rifinendoli di fantasia e assemblando il tutto nei capitoli qui pubblicati.

...poi stamani, mentre sorseggiavo il primo caffè, godendomi lo stato di grazia in cui m'ero risvegliata dopo una notte intera di sonno, ecco che qualcuno bussa, con eccessiva foga, alla mia porta. Mi appresto ad aprire con l'intenzione di mettere al suo posto lo scocciatore mattiniero e, con grande sorpresa, mi trovo davanti proprio loro due, John e Mary.

...e non sono affatto in vena di convenevoli.

Noto che Mary è molto diversa nell'aspetto da come la ricordavo.
Il foulard che le copriva interamente il capo ora è usato come fascia a trattenere la massa straripante e riccioluta dei suoi spettacolari capelli rossi.
Ma non è solo il dettaglio dei capelli a farla sembrare diversa, perché in lei ora traspare una inedita, gradevole morbidezza, in quella sua fisicità, fino allora, spigolosa.

- Accidenti, Mary, ti trovo straordinariamente bene, Sei più bella di come ti ricordavo. Sono davvero felice per te, anzi...per voi -
Mi rivolgo sorridendo verso John che, però, non ricambia il sorriso.

...e questo un pò mi preoccupa.

Perché John, per come lo ricordo io, è un tipo gentile, molto cordiale.
Soprattutto con le donne.

- E come va la vita di coppia? - Azzardo la domanda cercando di rompere il ghiaccio e capire il perché di quella freddezza. Mi sarei aspettata, da parte loro,  un pò più d entusiasmo, visto che sono io l'artefice della loro felicità.
- Aspetto un figlio - Risponde Mary, fissandomi negli occhi.
- Ma è meraviglioso. E' una notizia fantastica. Ecco perché mi sembravi così diversa, la gravidanza ti dona, sei diventata ancora più bella. Dovremmo festeggiare, non credete? -
Sorrido ad entrambi, predisponendomi ad andare a prelevare dal frigo la bottiglia di "Moet & Chandon"  tenuta in serbo nel caso ci fosse stato, un giorno, qualcosa d'importante da festeggiare.
E cosa, più dell'arrivo di un neonato, merita le bollicine dello champagne?

- Siediti, che dobbiamo parlare -
Il tono di Mary sgonfia ad una ad una le ipotetiche bollicine che già immaginavo frizzare nei calici.
- Sono incinta - Ribadisce asciutta.
Io mi limito educatamente ad annuire. Fin qui è tutto chiaro.
Ma quello che aggiunge dopo mi destabilizza.
- Ed è solo tua la responsabilità - Il suo tono di voce è molto serio.
- Mia?- Ripeto stupita
- Come può essere mia la responsabilità di questo bambino concepito da voi due!- Replico incredula
- Sei tu che hai dato corso al tutto, è quindi è interamente tua la responsabilità di ciò che è avvenuto - Replica asciutta
- Io vi ho lasciato in quella stanza a scambiarvi confidenze, abbracci e innocui bacini...anzi no, questi non li ho neppure menzionati. E alla fine v'addormentate l'uno fra le braccia dell'altra. Fine della storia, che non prevede nessun dopo. -
Meno male che la trama, così recente, me la ricordo bene.

John mi lancia un'occhiata malandrina, e il suo sorriso sghembo sottintende un'altra versione.
- Io non sono responsabile di quello che i miei personaggi combinano dopo il capitolo finale - E stavolta sono io ad essere arrabbiata
- Lo scrittore è per tutta la durata della sua vita responsabile dei percorsi e delle azioni dei suoi personaggi. Responsabilità che non ha scadenza. Troppo facile, mia cara, il ruolo di deus ex machina, Così divertente, ed eccitante, programmare e decidere le sorti dei protagonisti e poi, dopo l'ultimo capitolo, abbandonarli al proprio destino. Eh no, non funziona così! - Controbatte Mary, che da prova di un'ottima, seppur aggressiva, facondia oratoria

- Anche tu, John, pensi che sia d'attribuire esclusivamente a me, tutta la vicenda? - Chiedo sarcastica
Lui si limita ad alzare le spalle e guardarmi con simpatia. Eppoi la sua risposta coincisa, che pone fine ad ogni discussione: sapevi chi ero! 

Oh certo che lo sapevo, ma questo però non lo giustifica. Insomma, è evidente che, seppur tra le righe, si leggeva la sua predisposizione al riscatto dal suo burrascoso passato di dongiovanni.

- Ok, cosa volete che faccia?- Alzo le mani in gesto di resa

- Procuraci un posto dove stare. Un bambino ha bisogno di un tetto, non può certo vivere all'addiaccio. Eppoi un lavoro per John. Un neonato ha bisogno di cose indispensabili e noi vogliamo che le abbia. Niente altro. E' questo l'ultimo, definitivo capitolo. Da questo momento in poi ti liberiamo da ogni altra ulteriore responsabilità nei nostri riguardi visto che ti sei dimostrata completamente inadeguata, e gestiremo da soli i nostri sequel. E la prossima volta, quando scrivi una storia, cerca di essere meno fantasiosa e più attenta a valutare le possibili conseguenze a cui esponi i tuoi personaggi. Più pragmatica e meno immaginifica - Mi suggerisce Mary prima di uscire definitivamente di scena. 

venerdì 2 ottobre 2015

Il primo abbraccio (cap 3)


(Pubblicato nell'antologia "Il tango di Cloe" da "Writer Monkey" Maggio 2018)



 - Cosa aspetti, vuoi aiutarmi o resti lì a guardare? -
Così Mary andava incitando l'incredulo John
- Legagli le mani a questo figlio di puttana. Legalo bene, che non si possa facilmente liberare. Usa la tua cinta che del foulard io ho bisogno. Dopo gli togliamo i vestiti. Portiamo via tutto, che i vermi in natura sono nudi. -

John la guardava trasognato, ubbidendo meccanicamente ai suoi ordini, incerto se fosse nel bel mezzo di un sogno o protagonista di un fatto di cronaca.
In quel determinato contesto Mary si muoveva agile, certa del fatto suo.
Ma ciò che più lo aveva colpito era stata la visione di quella sua gran chioma zingaresca, malamente sforbiciata, e del colore vivido del fuoco, che sembrava illuminare la penombra della stanza.
 Mary aveva raccolto gli abiti dell'uomo in un fagotto, muovendosi sicura, senza impaccio apparente.
- Nelle tasche frugheremo poi, con agio, quando saremo lontani da qui -
Così aveva stabilito mentre andava nascondendo, sotto il foulard da hippy, quei suoi capelli di fiamma.

Avevano poi ripreso il cammino, fianco a fianco, nel loro consueto silenzio, alla ricerca di un rifugio dove trascorrere il tempo restante della notte.
Ma ora era lei che tracciava il percorso, con lui che la seguiva adeguando i suoi passi.
Trovarono riparo in quello che doveva essere stato una volta un casolare, scegliendo ognuno il proprio angolo privato dove poter riprendere a sognare i loro miraggi impossibili.
Al centro della stanza, dove Mary lo aveva depositato, troneggiava il fagotto degli abiti dell'uomo.
Una prova di fiducia? Si era ritrovato a domandarsi John.
Quel bottino apparteneva di diritto a Mary poiché era lei ad averlo conquistato, ma lui avrebbe potuto tranquillamente impossessarsene mentre quella dormiva senza contravvenire a nessuna legge del popolo della strada.
La quinta regola, infatti, suggerisce di non separarsi mai dai propri beni, soprattutto di non tenerli troppo in vista per non scatenare eventuali mire di possesso.
Una trappola, il bottino lasciato in bella vista? Andava congetturando, nel suo angolo insonne, John.
Si può fuggire inducendo l'altro alla fuga, motivandolo con argomenti irresistibili.
Un modo sottile per dire: prendi tutto e vattene.

Eppure lui che aveva, in quel periodo di strana convivenza, prospettato tante volte l'abbandono, ora non era più certo di voler proseguire da solo. Cercò d'immaginare se stesso girovagare senza la sua altissima compagna, e vide solo un'ombra confusa, invisibile prima ancora che agli occhi del mondo, ai suoi stessi. In qualche modo la vicinanza di Mary lo rendeva reale: materia, e non ammasso di particelle addensate nello spazio circoscritto del suo polveroso io.
Eppoi c'era stata la rivelazione di quei suoi capelli sfolgoranti come un sole sfarzoso, da sempre celati sotto il fazzoletto che ne occultava lo splendore.
Perché una donna nasconde ciò che, invece, la renderebbe unica?
E la risposta fin troppo facile: per non avere troppa visibilità.
Mary aveva dovuto rinunciare alla vanità femminile di quella sua chioma sontuosa per rendersi il più invisibile possibile, che già in questo la sua altezza non l'aveva favorita, e lo splendore dei suoi  capelli l'avrebbe maggiormente esposta allo sguardo morboso del mondo.
Questo pensava John nel suo angolo insonne, trovando estremamente ingiusto il destino di quei capelli che sarebbero stati il tesoro più prezioso, ostentato da qualsiasi  altra donna, ma non da Mary, nata con una sorte avversa e troppi centimetri d'altezza.
Andava destandosi in lui un irresistibile, sopito, desiderio di bellezza, poter immergere le dita in quella seta rossa e dimenticarsi, per un momento, del grigio del mondo.
Lui che aveva amato il femminino in tutte le sue sfumature si sentì sconsolatamente triste per lei

Anche Mary non riusciva a dormire. La paura era stata tanta, sentiva ancora le mani dell'uomo brancicare su di lei, ed era stato un  miracolo che l'avesse colta nell'atto di tagliarsi i capelli, che il coltellino a portata di mano, non sempre nel momento del bisogno, è così raggiungibile.
Stavolta era stata fortunata, ma la prossima? Avrebbe voluto non pensarci, ma i fotogrammi della lotta, solitaria e silenziosa, che l'aveva vista protagonista, continuavano a materializzarsi nel buio ricchi di particolari come le sequenze di un thriller.
Disgusto, impotenza e solitudine, la pervasero.
Rannicchiata contro la parete finalmente pianse.

Quel singulto sommesso di animale braccato, unica eco nel silenzio desolante della notte, aveva raggiunto John ancora desto nel suo cantuccio, intento ad analizzare quel suo nuovo sentire nei riguardi della sua compagna, D'istinto si alzò per raggiungerla e consolarla ma, dimentico della barriera (o trappola?) del fagotto posto al centro della stanza, vi inciampò, rovinando rumorosamente  a terra.
Con un balzo, Mary, fu sopra di lui, tenendo bene in vista la sua piccola lama.
Ma John fu più desto e gliela fece cadere di mano, eppoi fece qualcosa che lei non si aspettava: la strinse tra le braccia.
Un abbraccio forte, caldo, protettivo.
Un abbraccio silenzioso, che la trovò impreparata, ma che non respinse.

Fu quella una notte di confidenze, d'incontro e non di fuga, dove lei pianse tutte le sue lacrime represse e rise di tutte le cose buffe che lui le andava raccontando per asciugarle il pianto.
Fu quella una notte di rivelazioni in cui lei gli fece il dono della sua bellezza, sciogliendo, solo per lui, i suoi meravigliosi capelli di fiamma.
In quel vivido rosso John immerse gioioso le dita riscoprendo con  stupore in quella loro tana notturna, i colori delle albe e dei tramonti, dei fiori e delle farfalle, della bellezza suprema del mondo che talvolta si è costretti a celare sotto un cencio perché non risplenda troppo a destare inopportuni desideri. E al diavolo tutte le strategie dell'invisibilità, che nella natura dell'uomo è vivere nella luce e non nell'ombra, condannato al destino iniquo di preda o  predatore.
Tutti, infine, hanno diritto al sole, all'aria, alle stagioni, alla bellezza dell'esistenza, e non solo alle sue disperazioni.

- Domani sarà un giorno di sole, te lo prometto. -
Sussurrò John a Mary, stringendola tra le braccia, prima di addormentarsi