Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

giovedì 30 aprile 2009

I miei ricordi vivi

Ora, se devo collocarmi in un posto preciso nel mondo, sono un puntino in quel di Roma.
Stanziale, e totalmente privo del senso dell'orientamento.
Un puntino fisso. Facilmente individuabile dal satellite.
Mi muovo in un perimetro molto circoscritto. Il mio raggio di azione lo si misura in metri.
Non amo gli spostamenti. E tanto meno il trambusto dei viaggi.
E, d'altronde, sono davvero pochi i luoghi che vorrei visitare.
Non mi attraggono le regioni artiche, né quelle desertiche. Né le zone selvagge.
I paesaggi mi annoiano presto.
E non vado in estasi davanti ad un tramonto.
Non conservo piena memoria delle cose viste.
Ho, inoltre, la stravagante tendenza a rielaborare, modificare.
Fino a stravolgere la realtà.
L'imponenza di un monumento lo memorizzo nell'espansione smisurata di un' unica pietra. Confusa fra tutte le altre in precedenza viste. Eppure vividamente riesco a ricordare, nel dettaglio, lo spiraglio all'interno di un muro. L'assimetria caratterizzante del suo disegno. La muschiosità verde dei filamenti erbosi che ne hanno colmato il vuoto. L'odore del tempo metereologico. Le nuvole ferme nel mio campo visivo. L'umidità statica dell'aria. Le mie dita che scorrono la rugosità delle superfici. Il colore scuro dell'intonaco in subitanea, ed imprenscindibile, correlazione con quello di un saio. E la trama corrosa del cordone francescano che mi riporta alla memoria le nodosità verticali di piccole alture autunnali, coperte di foglie, larghe e rugose, come palmi di mano. Le mani dei viandanti di passaggio in quei luoghi eternamente battuti dal vento. Con le bisacce colme di castagne e di funghi. Speranzosi nell'ospitalità di un rifugio. Un antro, simile all' immensa cucina nera col pavimento di terra battuta dei miei nonni materni, che si puliva sciacquandolo con vigorose secchiate d'acqua, lasciata liberamente defluire dalla preventiva inclinazione del pavimento. E il rigagnolo acquitrinoso che perennemente stagnava...
Ecco quello che io conservo dei miei viaggi. Particolari secondari. Minutaglia. Scampoli. Personalissime declinazioni degli eventi.
Che fanno talvolta sorridere, o arrabbiare, i miei compagni di viaggio, destabilizzati dalla impudica facilità con cui dimentico, modifico, confondo nomi e luoghi.
Come se avessimo percorso itinerari diversi.
...no il frate francescano non lo abbiamo incontrato nelle Marche lo confondi col venditore di castagne quando siamo stati in Toscana e quel giorno c'era solo un vento mite era una tiepida giornata d'autunno ma cazzo Mari dove sei stata mentre eri con noi?
A costruire i miei ricordi vivi.
Marilena

mercoledì 29 aprile 2009

Una possibilità di fuga

Guardo mia madre e vorrei non vederla. Non essere qui. Avere una possibilità di fuga. Tutto di lei mi dà dolore. I lineamenti deformati dalla malattia. Gli occhi che, rimpicciolendosi, hanno assunto un taglio asiatico. La mano sinistra ormai del tutto chiusa. Un pugno serrato. Come orgolioso gesto di sfida. Questo vorrei riuscire a credere. Ma no, è soltanto l'avanzare impietoso del male.
Impotente, posso solo abbracciarla, nella sua estrema, sfinita fragilità.
Le sue ossa sono noccioli tintinnanti. Il suo cuore un seme d'uva. I suoi capelli......
I capelli sono la parte di lei che più mi fa male.
Ostinatamente scuri. Sottili. Incredibilmente lisci. Come quelli di una bambina.
Capelli vivi su un fragilissimo teschio.
E le unghie.
Che velocemente ricrescono, lunghe e dure.
Su dita che ora sono solo ossa.
Cosicchè le sue mani ricordano quelle di un vampiro.
Mani che mi affascinano. E mi ipnotizzano.
Quando danzano cieche nell'aria.
E disegnano misteriosi geroglifici.
O cercano di afferrare ombre.
Cerco di parlarle. Ma non ci riesco.
Cosa le racconto?
Di un mondo che lei ha dimenticato. O che, se ancora ne conserva sbiadita memoria, le farebbe ancora più male sentirne la storia, dal momento che da un tempo infinito non ne fa più parte?
Così rimango in silenzio. L'accarezzo. La stringo. Ma non mi riesce di parlarle.
Muove le mani inseguendo contorni d'ombra. Cosa vede?
Cerca di afferrare i folletti dell'aria.
Che la irridono.
E la fanno arrabbiare. Così lei tenta, a fatica, di sporgersi dalla sedia a rotelle per catturarli.
Si agita. Suoni stentati le escono dalla gola.
La calmo. L'abbraccio.
Sono qua io. La rassicuro.
Ma vorrei essere lontana.
E' questo che invece penso.
Ad una possibilità di fuga.
Marilena

sabato 25 aprile 2009

Niente panico

Niente panico
Le superfici vibrano come fragili assi di zattera
ma io non ho paura di inabissarmi.
Prima di precipitare ho diritto ad un' ultima sigaretta
E allo stordimento ovattato
perchè l'acqua quando entrerà nei polmoni
non mi faccia troppo male.
E di certo non farà più male dell'aria.
O della vita.

Niente panico
Non cambierà il destino rimettere indietro gli orologi
provare ad azzerare il tempo
se la preveggenza del deja vu non è stata abbastanza illuminante

Niente panico
quando la zattera si rovescerà
Se io non ho paura
Nemmeno il mondo deve averne

Anteprima

giovedì 23 aprile 2009

Strisciando nell'ombra

L'anonimo, che stamani si è preso il disturbo di postare un commento dal tono offensivo e provocatorio, deve appartenere alla categoria di "quegli uomini che hanno il dono della parola non per nascondere i pensieri ma per nascondere il fatto che non li hanno" (Kierkegaard). Se si fosse firmato lo avrei pubblicato e gli avrei anche risposto
Educatamente. E con ponderazione.
Perchè sicuramente apparteniamo a scuole di pensiero molto diverse.
Sono rimasta dapprima stupita.
Poi, dopo aver realizzato la pochezza dell'evento, ci ho sorriso su e la stupidissima missiva (molto breve, perchè l'insulto gratuito non appartiene alle menti pensanti, e quindi non è mai troppo elaborato) l'ho cestinata.
Traggo però spunto da quel commento idiota per riflettere sulla facilità estrema con cui intelligenze minori, giocosamente, ricorrono alla vigliaccheria dell'anonimato.
Innanzitutto la certezza di non essere individuati fomenta in loro l' illusione di avere "quelle palle" di cui in realtà sono sprovvisti, perchè altrimenti apporrebbero una firma, sia pur in calce ad un commento sgradevole. Questo si chiama assunzione di responsabilità. Ma non sono in grado di sostenere un confronto, e quindi si nascondono. Per non essere smascherati.
Sono adulti che, però, continuano ad agire come bambini con la paura di essere colti in fallo, con le dita nella marmellata o mentre ripetono, sottovoce, le parole sporche.
Temono di essere puniti.
Per questo, al cospetto degli adulti, strategicamente si adeguano.
Ma quando i grandi non ci sono eccoli pronti a sgranare tutto il rosario delle parole proibite.
O a procurarsi una indigestione di marmellata.
Gli anonimi sviluppano unicamente nella loro identità di bambini, forse, duramente repressi.
Adulti, mai affrancati dal trauma di quei divieti eccessivi. Perentoriamente imposti.
Ecco allora che, se scoperti, farfugliano.
Negano l'evidenza. Negano se stessi.
Si coprono la faccia con le mani.
Retrocedono nel loro angolino.
Forse si pisciano ancora addosso.
Ma poi di nuovo, nel buio, riprendono ad eccitarsi ripetendo all'infinito e, senza prender fiato, la filastrocca di parole proibite. Mentre si masturbano con le dita appiccicose di marmellata. Strisciando nell'ombra.
Dove nessuno può vederli.

Povero anonimo, anche stavolta ti sei lasciato sfuggire l'opportunità di provare almeno una volta, nella tua grigia e miserevole vita, la virile sensazione di possedere i giusti "attributi".
E la fantastica sensazione di poterli, finalmente, mostrare al mondo.
Occasione perduta.
Perchè hai sbagliato sito. E bersaglio.
Qui ti viene negato l'accesso.
E il diritto di replica.
Marilena

mercoledì 22 aprile 2009

Ritorni

......e mi ha porto il suo regalo, una rosa pallida, sciupata dalla precarietà del viaggio. Una rosa pallida, che odora di sale. Amaranta me l'ha porta col sorriso luminoso della riconciliazione. E un sasso di mare, traslucido e grigio. Un minuscolo atollo incrostato di lucenti, irrisorie tracce di sabbia. Raccolto da Iggy, in una sua rara escursione esterna.
Iggy, che ora muggisce di rabbia, a labbra serrate, davanti alle pareti sgargianti, imbrattate dagli entusiasmi artistici di Kilroy. Quel Kilroy che ha preventivamente subodorato il rischio di uno scontro frontale. E così ha preferito disertare.
Quindi, ad accoglierli, c'ero soltanto io.
Perchè BLOG è ammalato. Prostrato da una feroce febbre bulimica. Fame vorace che non riesce a saziare. Cibo che poi espelle nella incontinenza del vomito.
E Lizard, rintanata nell' anfratto più remoto, prolunga il suo sonno, in attesa di una vertigine calda di sole.
Questo sole transitorio, che stenta ad espandersi nella poderosa magnificenza dei suoi raggi incendiari e che, faticosamente arranca, in scalata verticale, tra nubi rissose e scompigli di vento.
E la riconciliazione ha il caldo conforto dell'abbraccio.
E la certezza ritrovata di un cuore che batte all'unisono col mio.
Più tardi ci sarà il tempo per raccontare le meraviglie. Gli imprevisti. Le delusioni.
Ora, quello che davvero importa, è che io abbia di nuovo ritrovato la mia ombra.

domenica 19 aprile 2009

Artifici

Non serve necessariamente una voce melodiosa per sedurre. Quello che davvero conta è il saperla usare. Utile sarebbe una, seppur sommaria, conoscenza dell'arte recitativa. Quegli straordinari artifici d'irretimento (purtroppo surclassati, nei tempi odierni, da tecniche più facili e di più immediato effetto, ma assolutamente impersonali e di certo molto meno raffinate), generati dalla conoscenza delle pause sospensive. O dall'enigma dei sospiri.
Questa magnifica, provocatoria arte però si avvale di regole ben precise, da cui non è possibile derogare.
Richiede, innnzitutto, duttilità di mente ed agilità di pensiero.
Astuzia nelle contraddizioni.
Conoscenza dei sinonimi e dei contrari.
Padronanza degli accenti.
Maestria per i termini.
Enfasi immaginifica.
E mai deve trapelare l'incertezza.
Banditi gli incespicamenti e le amnesie.
Proibito l'asfittico boccheggiamento.
Ed è proprio questa una delle eventualità più nefaste da scongiurare, e che necessita di un sicuro rimedio preventivo. Nella sciagurata ipotesi che ciò avvenga, consiglio quindi di tenere a portata di mano una qualche provvidenziale delizia da impastoiare nella propria bocca per poi, sensualmente, trasferirla in quella dell'amante.
Per sopperire all'inopportuna amnesia affabulatoria.
Per fronteggiare prontamente un'emozione drastica.
Lussuriose fragole o, secondo la stagione, traslucide gocce d'uva.
La fragranza di un dolcetto.
O la sempre afrodisiaca cioccolata.
Sconsigliate le ciliegie e le olive, se non volete rischiare di strozzarvi. O ritrovarvi a sputacchiare noccioli.
Assolutamente proibite le caramelle mou, in particolare se avete protesi dentarie o difficoltà di salivazione.
Ovviamente da evitare la filosità del chewing gum per scongiurare, a priori, l'infantile tentazione di farne poi palloncini.
Io, personalmente, punterei sulla sorpresa inaspettata di una presa di buon tabacco da masticare. Molto retro'. Molto femme fatale.
Ricordate, comunque, che ci sono sempre pregi anche in quelli che a noi paiono difetti.
Una vocina da scolaretta, ad esempio, produce ottimi sospiri.
Quella roca, da fumatrice, egregiamente si adatta ai mormorii sfumati.
Una tonalità squillante, se ben controllata, è davvero efficace per i gorgoglii dell'estasi.
Mentre una voce profonda, potrebbe sapientemente irretire, con incantesimi da maga.
Ed infine, i casi davvero disperati.
Quelli per cui non è possibile imbastire alcun artificio.
Voci nasali. Vocine stentate.
Chioccianti. Sfrigolanti.
Gracchianti. Gutturali.
Catramose. Stucchevoli.
Cupi tuoni di orchessa.
Rimbombi da ventriloquo.
Mormorii da mangiatrice di fumo.
Fastidiose petulanze d'imbonitrice.
Per queste sciagure, null'altro rimane, se non l'estrema malia del tacere.

venerdì 10 aprile 2009

Regressioni

Regressioni. Così, dopo tanto tempo, di nuovo un attacco di panico. I polmoni che vanno in apnea, e l'aria che viene a mancare. Ho iniziato a vedere tutto attraverso una cortina di vapore acqueo. Poi, la nebbiolina, si è trasformata in lacrime. Piangere sul posto di lavoro non è dignitoso. Ed io sono una donna molto orgogliosa. Mi hanno dato rifugio i corridoi deserti e gli uffici disabitati.
Armonia perfetta, tra la desolazione del luogo e quella della mia anima.

E la prospettiva intollerabile di una lunga notte insonne.
Delicious, molto alcolico, mandato giù d'un fiato con l'intento di uno stordimento aggressivo.
Senza l'ausilio dei sonniferi ci ha messo, comunque, un bel pò ad agire.
Ma poi è subentrato un sonno di pietra.

E stamani respiro di nuovo l'aria privata dei miei polmoni.
Sta diventando chiaro. C'è una brezza dolce. Premessa di una giornata celeste e gialla.
Con ritrovata audacia spalanco la gabbia, ermeticamente chiusa della mia testa, e libero i cardellini asfittici che da un tempo infinito vi dimorano. Che sorpresi arretrano dapprima verso il fondo e poi avanzano cauti saggiando con prudenza lo spazio, ancora timorosi dell'incognita di un tranello. Ma lo sportellino della voliera resta sfacciatamente spalancato. Muto invito all'evasione.
E nessuna mano a ricacciarli dentro.
Rinvigoriti spalancano le ali rattrappite dalla lunga prigionia e, senza più incertezze s'involano, finalmente liberi, verso il disco del sole.

Sole che diventerà di nuovo luna. Nell'ordinato ciclo delle albe e dei tramonti.
E questo pensiero mi tranquilizza perchè ristabilisce, in fine, la realtà accettabile di un tempo umanamente provvisorio.
Marilena

giovedì 9 aprile 2009

Stili di seduzione

Quanto conta la voce in una donna!
E' lo strumento seduttivo, a parer mio, più intrigante in assoluto.
Di sicuro quello che offre le maggiori possibilità di sperimentazione.
Irretire con la voce. Un richiamo esplicito e irresistibile.
Antica malia di sirena.
Incantesimo di strega.
E delle donne di qualsiasi evo.

Però non tutte siamo affabulatrici.
O astute parolaie.
E non è assolutamente facile sedurre attraverso l'arte oratoria se non è mai stata coltivata. Che richiede duttilità di pensiero, scioltezza di parola e strategia di pausa.
Non alla portata di tutte, quindi.
Ora, onestamente conveniamo che un bell'aiuto nel supplire alla nostra mancanza d'immaginazione, ci viene dal cinema e dalla letteratura, ed oggi anche dalla rete. E, restando ferma nella mia convinzione che non sempre è bastevole essere se stesse e che nulla di male c'è ad espandersi oltre i propri confini, ma che anzi è doveroso per una più vera emancipazione personale, credo che usufruire di una qualche tecnica per affinare la propria arte di seduzione sia una buona cosa.
E, di certo, non sarò io a prendermene il merito, perché tanti prima di me hanno sviscerato riguardo l'argomento con maggior chiarezza ed esperienza, così mi espongo solo a raffigurare alcuni tra i più noti  stili di seduzione, per evitarvi d'incorrere in quegli errori grossolani che potrebbero, alla fine, danneggiarci, partendo dall'unicità della nostra voce e ponendola in rapporto alle nostre caratteristiche fisiche e al grado d'ironia con cui riusciamo a metterci in gioco.

STILI DI SEDUZIONE
LOLITA - Capricciosa e provocatoria.
Ridicolo in ogni donna che abbia superato i 18 anni e sia di stazza superiore ai 40 kg.
Lolita richiede quindi una taglia extra small, una gran faccia tosta, una buona dose di egocentrismo ed una naturale ostinazione al capriccio e un buon allenamento alla masticazione del chewing gum ...e  l'incrollabile convinzione sull'abbinamento delle tinte rosa-celeste.
Assolutamente da evitare, come stile, se avete il timbro vocale e la stazza di un soprano.
E se non vi piace il chewing gum.
 MARILYN - Il candore odora di sesso.
Esempio incomparabile di astuzia seduttiva, sapientemente giocata sull'apparenza.
E sulla indiscutibile capacità di mandare in tilt le sinapsi maschili riducendole al ruolo elementare di testicoli.
E qui, mie care signore, non s'improvvisa, ma occorre una innata propensione al sesso.
Il chewing gum di Lolita tra le rosse labbra di Marilyn: e' la perfezione!
Glissate questo stile se parlate con marcata inflessione dialettale, se siete convinte della verginità della Madonna, o se ancora pensate che spetti a lui dover prendere l'iniziativa.
THILDA - Il dualismo erotico dell'androgino.
La traslazione dei sessi. Il gioco delle parti. Bisogna essere smodatamente sicure di sé per realizzare un intrigo simile, senza perdersi nel nebuloso universo di questa particolarissima sperimentazione, dove non occorre essere fisicamente androgini ma possedere di certo un'appassionata propensione all'ingannevole gioco dei chiaroscuri.
Indispensabile un forte carisma sessuale. E gli occhi di lucertola di Thilda Swinton.
Non adatto alle femministe e a chi si è rifatta le tette,
Ma assolutamente vietata a chi ha la sciagura di una voce chioccia.
RIPLEY - SIGOURNEY - Una donna d'azione
Solo per le più sfrontatamente sicure, quelle consapevoli nelle proprie capacità di conquista, perché è proprio a questo che una donna d'azione mira: alla conquista. Ed è sempre lei a scegliere, ad incassare e vincere. Sorprendentemente fuori dai ruoli classici femminili, non è ascrivibile in una categoria d'appartenenza, la donna d'azione è volitiva, irruenta, grintosa. Forte, carismatica ed emancipata, seppur mai ha praticato il femminismo, è quella che detta le regole, conduce il gioco ed anche cambia le carte in corso d'opera. Sa gestire ed improvvisare. E' la femmina alfa sia in una coppia che in un menage con più partner: non ha paura di chiedere ed ama affermarsi; è sexy in maniera anticonformista, indipendente da ogni cliché; assolutamente sicura del proprio valore è alla pari, se non superiore al proprio partner, perché una donna così non sceglie mai compagni che non siano alla sua altezza.
Questo stile è innato, non s'impara e ancor meno s'improvvisa, perché Ripley - Sigourney è quel  fattore dna che non tutte possediamo.
Assolutamente sconsigliato a chi va in tilt per un'unghia spezzata o una messa in piega mal riuscita, o crede che il successo possa essere determinato soltanto da una scollatura vertiginosa o da un tacco a spillo. Ma soprattutto vietato se avete una voce zuccherosa e con una inopportuna tendenza ai sospiri e al turbamento, e non possedete l'incomparabile allure di Sigourney Weaver.
PENELOPE - La tessitrice
All'apparenza uno stile semplice ma in realtà uno dei più complessi da mettere in scena, perché qui si parla di elaborare trame psicologiche, tessere minute filigrane da orafo, intrecciare orditi con sottilissimi fili di seta ma resistenti come fossero di ferro. Conoscere i segreti dell'aria, del vento e dei sospiri, e saperli direzionare con la potenza della propria volontà, al perseguimento dello scopo.
La consapevolezza è la dote su cui basa questo stile. E la determinazione. Strategie che si celano dietro l'ala innocente di un ventaglio che all'apparenza nasconde ma in realtà induce a fantasticare su quegli intimi, interni dettagli fatti di sguardi e di gesti deliberatamente non rivelati: la discrezione come potente mezzo di seduzione. E la malia di una voce permeata dai toni morbidi della penombra.
Non cimentatevi in questo stile, gentili signore, se avete la voce impostata da centralinista call center; se siete patite dei selfie e fans dell'influencer di turno; se pensate che i fili di perle di Juliette Greco siano vintage e demodè il tubino nero di Audrey Hepburn; se trovate noiosi i preliminari sessuali, le carezze sinuose e i baci a raggiera, sconfessando la poetica di quell'attesa che, come formulato da Gotthold Ephraim Lessing, è essa stessa il piacere.

venerdì 3 aprile 2009

Deliranti. Ma con discrezione


Deliranti. Ma con discrezione. E con l'abito giusto. Perché l'immagine è tutto.
Mai urlare con i capelli scarmigliati, i vestiti in disordine, le gambe scomposte.
Assolutamente evitate le lacrime se non avete rimmel waterproof, indispensabile per evitare paragoni con "Carrie, lo sguardo di Satana".
Optate per una nuance di rossetto e di fard sulla stessa tonalità dell'abito, preferibilmente di colore rosso o viola, di sicuro effetto scenico. Molto teatrale. Molto d'impatto.
Decisamente evitate gli anonimi colori pastello, che vi calerebbero, secondo l'età, nel ruolo di "patetiche donne al culmine di una crisi isterica" o in quello di " capricciose ragazzine che pestano i piedi".
Così come sconsiglio le tonalità sgargianti. Una camicetta rosa fucsia o un top giallo limone, ad esempio, vi trasformerebbero in surreali icone da circo. Donne cannone sul punto di esplodere con la sconclusionata irruenza di un geyser. O deliranti acrobate, pennellate di giallo e di fucsia, che minacciano il loro ultimo salto mortale senza rete, in diretta e con una mise assolutamente inadatta all'evento.
Se invece optate per la sobrietà del nero allora laccate le unghie delle mani e dei piedi con smalto dello stesso colore. Sottolineo nero. Che non è né marrone e né prugna. Ed evitate le calze e i guanti. Sia pure quelli in pizzo. La nudità della carne, anche se circoscritta, ispira sempre empatia: la raffinatezza dello stile minimal costituisce una garanzia in tutte le occasioni.
I capelli devono essere puliti ed ordinati.
Non dovete somigliare ad Erinni infuriate.
L'effetto manicomio, oltre che imbruttirvi, imbarazzerebbe anche il vostro pubblico.
Volete essere ascoltate. Non immobilizzate in una camicia di forza.
Se avete capelli lisci e lucidi legateli in una coda ordinata.
Se invece avete chiome irlandesi o capigliature indomabili, imbrigliatele in una fascia.
Niente cappelli. Neppure foulard. Ammesse le bandane, ma solo se usate come fascia.
Nessun'altra eccentricità. Niente che possa distrarre l'attenzione dal vostro volto, perché sarà la vostra espressività a calamitare l'attenzione con uno sguardo mentale. Interiore.
Questa è la parte più difficile.
Evitate lo stile "martire" (occhi levati verso l'alto) e quello "indemoniata" (occhi fuori dalle orbite)
Lo sguardo deve essere cieco.
Proiettato verso l'interno.
Lo sguardo buio delle veggenti.
Quello illusorio delle streghe.
O quello magnetico di Anna Magnani.
Questo sarà il vostro punto di forza dopo, quando necessiterà trattare le condizioni per il ripristino della normalità.
Esercitatevi davanti ad uno specchio. e se non ne avete uno sottomano, potrete supplire con il fondo d'acciaio, tirato a lucido, di una padella.

La strategia dell'invisibilità

Detesto questa primavera che odora di castagne e di legna da ardere. Sono come un animale alla ricerca di tepore. In fase di muta in una stagione tardiva. L'anemia mi lascia la pelle fredda. Le ossa percorse da brividi e la testa in balia della febbre. Una febbre nascosta perchè non c'è nessun delirio a testimoniarla. La strategia dell'invisibilità mi permette di passare attraverso gli occhi del mondo con la mia struttura di sempre.
E nessuna anomalia rilevabile.
Disciplino le intemperanze del mio umore.
E i toni drammatici della mia indole.
Gli stati d'animo sono sempre così complessi da spiegare. Facilmente fraintendibili.
E la stanchezza asciutta delle ossa, in conflitto con la febbre ardente della testa, sono un ulteriore ostacolo all'analisi.
E al chiarimento.
SFINITA DA QUESTA STAGIONE DI METAMORFOSI TARDIVA.
Questa l'elementare diagnosi.
Questo il pensiero definito.
Analizzato alla luce pallida del giorno.
Più tardi avrò modo di vivisezionarlo.
Per ora mi basta di averlo estirpato.
Marilena