Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

venerdì 28 novembre 2008

Lo specchio di Alice e l'antro della strega

Sono guarita, non c'è più la depressione.
Sono guarita ma ho dentro un vuoto sconosciuto, diverso da quello noto del mio malessere.
E' un vuoto assolutamente vuoto.
E un'angoscia diversa, tranquilla, quasi serena.
La depressione mi teneva in bilico sulla linea incerta di due confini, non dormivo la notte, ululavo nel buio ai fantasmi, cercavo di sopravvivere agli incubi, covavo pensieri di morte, e urlavo.
L'urlo mi affermava, rendendomi visibile.
E, in tutto questo caos, ho imparato a "sentirmi", sviluppando una sorta di sesto senso mediante il quale riusivo a percepire l'intera struttura ossea e muscolare e linfatica del mio corpo. La sentivo con i sensi tesi di un'animale che lotta per far fronte alle proprie esigenze, e continuamente all'erta per sfuggire agli agguati. Mai, come in quel periodo, ho avvertito la necessità animalesa della tana, un luogo dove trovar rifugio per riposarmi, per prendere fiato, per pensare un attimo solo a me stessa. C'era sempre qualcuno a stanarmi, a ricordarmi che avevo altro a cui pensare, doveri più urgenti a cui far fronte. Ed infine anche la devastazione dei sensi di colpa per quel tempo introspettivo e tolto alle esigenze del mondo. Anche se a quelle esigenze io ho continuato a provvedere, sia pure in stato catatonico e sotto farmaci, e con nelle orecchie il ronzio molesto di quelle voci che volevano essere d'incoraggiamento ma che mi trascinavano sempre di più dentro l'abisso, incattivendomi.
Nessuno, nemmeno per un momento ha pensato di alleggerirmi, almeno per il tempo necessario di una mia qualsiasi ripresa, del peso tremendo di quella croce che ancora oggi mi porto da sola sulle spalle.
E in solitudine ho vissuto la mia depressione.
Quando è iniziata la mia convalescenza?
E questo vuoto assolutamente vuoto che mi si allarga dentro, laddove prima s'annidava quello della malattia, cosa sta a significare?
E il mondo magico dell'antro?
Ha più senso che io vi rimanga?

Alice ha 52 anni e continua a rifiutare la verità dello specchio. Non vuol rischiare di perdere quei sogni che da bambina l'hanno salvata dalla paura e dalla solitudine. Senza quei sogni Alice non avrebbe più identità, nè spessore: non sarebbe più lei. Per questo quando dice di voler uscire dallo specchio in realtà non lo vuole davvero.
Lo specchio è "il mondo umano" di Alice così come l'antro è il mio.
Fuori dal mio antro c'è la stessa realtà di sempre (quella che mi ha condotta alla depressione), immutata, di cui io sono lucidamente cosciente e dalla quale so di non poter sfuggire. Ne sono consapevole e non la rifiuto in cambio di un'altra più congeniale alle mie esigenze, ma nell'antro c'è il buio e la musica, ci sono Amaranta e IggyBlOG e Kilroy, i Freaks e i Fantasmi Muti e l'esaltante follia della strega.
Nell'antro ci sono io.
Nessuna delle due realtà, quella dell'antro e quella della superficie, esclude in definitiva l'altra.
Marilena

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